Le antiche tradizioni rinnovate con le feste appena trascorse hanno contrassegnato l’inizio del programma internazionale di iniziative coordinate dalla FAO nell’ambito delle attività di promozione dell’IPPC (International Plant Protection Convention). La mobilitazione globale che nel 2020 richiama all’impegno per la cura della natura, in particolare del mondo vegetale è cominciata in concomitanza il Natale, il ciclo di festività che culminano a Capodanno e si concludono all’Epifania e nel “villaggio globale” avvicinano le popolazioni di tutto il mondo. Infatti le celebrazioni che scandiscono il periodo del solstizio invernale sono praticate in ogni epoca da tutte le civiltà: Saturnalia dei romani, Shab-e Yalda dei persiani, Yule dei celti, Hannukah degli israeliti, Nuch’ Upam Ri Qi’Ij dei maya, l’induista Pancha Ganapati, la nipponica Tōji,  l’africana Kwanzaa, dalle tribù Shoshone, Cherokee e Ushi con  una riunione intorno a un albero sempreverde… Proprio le decorazioni con cui si crea l’atmosfera del Natale e i simboli con cui da tempi immemori si esprimono auspici propiziatori per l’anno nuovo sono soprattutto piante: vischio, agrifoglio, abete, poinsettia,…

La Stella di Natale è originaria del Centro America, precisamente dell’area tra Guatemala e Messico, dove in epoca precolombiana con la sua linfa si producevano una pomata dermatologica e un medicinale antipiretico, con le sue foglie si preparava una tisana stimolante la produzione del latte materno e dalle sue brattee si estraeva un pigmento impiegato in tintura e in cosmetica. Le tribù nahua e gli atzechi la chiamavano cuetlaxochitl (fiore della Terra) e la consideravano una pianta sacra, nel cui arrossamento in coincidenza con il solstizio invernale si manifestava la rinascita del dio-sole Huitzilopochtli, il cui nome significa “colibrì mancino”, o “del sud”, perché concepito in modo miracoloso da Coatlicue, la dea del fuoco e della fertilità madre delle stelle del sud. Come gli antichi andini nei templi dei loro dei, i missionari francescani stabilitisi a Taxco cominciarono a usare questa pianta dalle foglie cangianti come ornamento della chiesa in occasione della Fiesta del Santo Pesebre (presepe) e così presto nel folklore locale si diffusero molte leggende sui prodigi del flor de la Navidad (fiore del Natale). La storia di Pepita narra che alla fanciulla, molto povera e afflitta dalla vergogna di non avere nessun regalo da portare a Gesù bambino, nella Noche Buena (Notte Santa) un angelo suggerì di cogliere dei ramoscelli della pianta che cresceva spontanea nelle vicinanze della chiesa e quando lei depose il mazzo sull’altare le foglie si tinsero di rosso fiammeggiante. Tramite le composizioni di un poeta di Taxco, i racconti sui miracoli della stella di Natale incuriosirono il botanico spagnolo Juan Balme, che nel XVII scolo la osservò nella valle di Cuernavaca, e l’esploratore e naturalista tedesco Alexander von Humboldt, che nel 1804 ne portò alcuni esemplari in Europa. Dal 1833 la stella di Natale è catalogata nei registri botanici con il nome Euphorbia pulcherrima, “la più bella delle euforbie”, e dal 1837 anche poinsettia, a cui dal 2002 è dedicata una giornata, il Poinsettia Day, che ricorre il 12 dicembre, data dell’Avvento in cui in Messico è celebrata la venerazione della Madonna come Beata Maria Vergine di Guadalupe e in cui nel 1851 morì Joel R. Poinsett, fondatore del National Institute for the Promotion of Science and the Useful, ovvero Smithsonian Institute, che nel 1828 era ambasciatore in Messico e spedì i “fiori di Taxco”, negli Stati Uniti, a casa propria nella Carolina del sud e a un amico di Philadelphia, che ne inviò alcuni all’Orto Botanico di Edimburgo, da dove cominciarono a germogliare e diffondersi in ogni paese del mondo.

Un’immagine archetipica comune a molte antiche culture e religioni è l’albero della vita, o albero cosmico, durante le giornate del solstizio d’inverno in tante civiltà rappresentato con rami di piante sempreverdi, come l’agrifoglio dai romani e il vischio dai druidi celtici e dagli egizi le palme, simbolo della rinascita di Ra, dio del sole, e dai vichinghi l’abete, albero sacro protetto dal dio del sole Balder. L’usanza di addobbare un pino silvestre era praticata in Europa Settentrionale molto prima della conversione della sua popolazione al cristianesimo, ma si è persa memoria della sua origine, mentre come sia diventato l’albero di Natale è ricordato da alcune leggende sulle opere di San Bonifacio, nel VII secolo evangelizzatore dei franchi germanici, e di Martin Lutero, che all’inizio del XVI secolo teorizzò e guidò la riforma “protestante”. Il suo allestimento in Vaticano è cominciato recentemente, nel 1982, per iniziativa di papa Giovanni Paolo II, il polacco Karol Wojtyła, e le sue classiche decorazioni in stile vittoriano risalgono al 1841, quando venne allestito per la prima volta al castello di Windsor dal principe Albert, il duca di Sassonia-Coburgo consorte della regina inglese. La trasformazione di un abete o un pino silvestre in albero di Natale avviene con le decorazioni tradizionali e, allo stesso tempo, ogni volta nuove e innovative… come il copri-vaso e la miriade di “stelle” con cui Stefano Gilardino e Alessandro Berruti hanno interpretato lo spirito del Natale nel 2019.

I due manager hanno sperimentato l’abbinamento dei fiori e delle piante ornamentali che Vivai VARALLO coltiva da quasi un secolo con un materiale particolare, il cartone a nido d’ape, da oltre 60 anni prodotto dall’azienda cartotecnica SANBER, che ne ha introdotto la fabbricazione in Italia e ora lo realizza impiegando materiali ecologici e carta riciclata certificata da FSC (Forest Stewardship Council), perciò all’origine composta di legno proveniente da piantagioni e foreste gestite con metodi sostenibili, come quelli che in Monferrato sono applicati dal 1275 per lo sfruttamento del Bosco delle Sorti della Partecipanza di Trino. Alcune delle soluzioni eco-design con cui hanno addobbato le stelle e l’albero del Natale 2019, verranno applicate da Stefano Gilardino e Alessandro Berruti per l’allestimento della fiera del verde e dell’agricoltura MONFERRATO GREEN FARM che esordisce nel 2020. E proprio perché ogni suo aspetto organizzativo è curato con attenzione al benessere di visitatori, espositori e principali protagonisti della manifestazione, le piante che saranno in mostra nel padiglione del Polo Espositivo R. Coppo di Casale Monferrato, e siccome il suo programma di eventi in pianificazione sarà composto da molteplici iniziative in cui verranno presentate metodologie e tecnologie per mettere in pratica la sostenibilità nei campi dell’agricoltura e incentivare la green economy, MONFERRATO GREEN FARM è un appuntamento nel “calendario” dell’ANNO INTERNAZIONALE DELLA SALUTE DELLE PIANTE.

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