Con la risoluzione votata nel 2013 dall’Assemblea Generale dell’ONU, dal 2014 il 5 DICEMBRE è la data del calendario civile internazionale dedicata allo svolgimento di eventi scientifici e divulgativi focalizzati a diffondere la conoscenza del suolo e la consapevolezza dell’importanza della sua tutela. L’iniziativa, promossa nel 2002 dalla IUSSInternational Union of Soil Sciences, viene condotta dalla FAO nel quadro della Global Soil Partnership istituita nel 2012 conseguentemente allo storico Summit della Terra tenutosi a Rio de Janeiro nel 1992, la Conferenza delle Nazioni Unite su Ambiente e sviluppo .

La prima che ha riunito esperti, scienziati e capi di stato per affrontare le problematiche ambientali e delineare le prospettive dello sviluppo sostenibile, la Conferenza di Rio si è conclusa proclamando la Dichiarazione di Rio, la dichiarazione dei Principi sulle foreste, due trattati – la Convenzione sulla diversità biologica e la Convenzione sul cambiamento climatico, in seguito recepiti nella Carta della Terra-, e l’Agenda 21, su cui si basa l’Agenda internazionale 2030 che delinea i GLOBAL GOALS. In specifico, ha affrontato la questione del consumo di suolo in relazione a quella della desertificazione, definendola il processo di degrado dei terreni coltivabili conseguente a numerosi effetti, non solo la siccità, e molteplici attività umane.

Il 15 dicembre prossimo, ASviS presenterà il primo Rapporto su territori e sviluppo sostenibile, un’indagine sui progressi realizzati in ogni regione, provincia, area metropolitana e comune dello stato che fornisce la base informativa fondamentale per il processo di “territorializzazione dell’Agenda 2030” avviato da ONU e OCSE, promosso dalla Commissione europea con il Green Deal, in particolare nel piano strategico sulla biodiversità e nelle azioni del programma From Farm To Fork, e in Italia in attuazione mediante l’elaborazione dell’innovativo PNRR – Piano nazionale di ripresa e resilienza e, poi, con l’assegnazione dei fondi europei.

Ispirandosi alle vicende di cui nel XIX secolo sono stati protagonisti gli abitanti di Khejarli, un villaggio nel Rajahstan, che con il sacrificio della vita di 363 persone nel 1730 si opposero all’abbattimento di una pianta sacra e ottennero la protezione delle foreste nei territori abitati dalle comunità bishnoi, e negli anni ’70 del Novecento gli attivisti del movimento Chipko (parola che significa “abbraccio”), guidati dalle donne della regione himalayana del Garhwal, che contrastarono la deforestazione del territorio abbracciandone gli alberi, uno dei massimi esperti mondiali in materia di sostenibilità, fondatrice di Research Foundation for Science, Technology and Natural Resource Policy e banca dei semi Navdanya, VANDANA SHIVA nel suo recente libro intitolato ONENESS – Il pianeta di tutti osserva:

L’umanità è sull’orlo del baratro  (…)  la distruzione del suolo e delle acque e il caos climatico stanno facendo strame delle condizioni necessarie alla nostra sopravvivenza come membri della comunità della Terra  (…)  Nelle crisi che ci hanno portato sull’orlo del precipizio si trovano anche i semi della speranza  e della libertà, i semi che rigenereranno la nostra umanità e la nostra identità di cittadini della Terra (…)  la diversità delle culture e delle lingue (…)  Il sapere di cui abbiamo bisogno per conservare. selezionare, far evolvere i semi e far crescere ciò di cui ci nutriamo è la conoscenza che riguarda la biodiversità, il suolo vivente e l’interrelazione suolo-cibo  (…)  Questo sapere complesso, riguardante i sistemi interagenti che si auto-organizzano, auto-conservano, auto-rigenerano ed evolvono, è un sapere che i coltivatori hanno elaborato in oltre diecimila mila anni di sviluppo dell’agricoltura e trova oggi conferma nell’agro-ecologia, l’unico vero approccio scientifico alla produzione alimentare.

GIURNÀ MONDIAL DËL UATU – Mantnuma la tèra viva!

 Il Monferrato è un territorio rurale dove i contadini misurano l’estensione dei campi in giurnà, una parola che significa anche “giornata” come in italiano e nell’accezione come parametro agronomico indica il “terreno arato dall’alba al tramonto lavorando con una coppia di buoi”. Come la lingua italiana, anche il dialetto monferrino con il lemma tèra indica la “terra”, ovvero il suolo, e la Terra, cioè il pianeta… invece non ne ha una per designare il suolo come adesso lo intendiamo e per ciascuna e tutte le zolle di terra che lo compongono usa la parola uatu. La fiera del verde e dell’agricoltura del Monferrato – Munfrà, in occasione della GIORNATA MONDIALE DEL SUOLO 2020 propone le infografiche elaborate dalla FAO sull’importanza del suolo per la biodiversità e i video e testi sulle caratteristiche e funzioni del suolo e sul consumo del suolo elaborati a cura del professor Giancarlo Durando, agronomo e direttore scientifico di MONFERRATO GREEN FARM.

Dal punto di vista ambientale il suolo è una risorsa limitata e non-rinnovabile, derivante da interazioni complesse tra clima, geologia, vegetazione e attività biologiche e caratterizzata da velocità di degrado molto rapide e da processi di formazione e rigenerazione estremamente lenti, nell’ordine delle decine di secoli: per produrne 10 cm – una zolla – occorrono mediamente 10.000 anni.

La salute del suolo è poco tutelata e non viene controllata come invece quella dell’acqua e dell’atmosfera. L’aria, grazie ai venti e quindi alle differenze di pressione e temperature generate dal riscaldamento solare, è soggetta a un continuo rinnovo ed, essendo considerata una risorsa indispensabile per la vita sulla terra la sua qualità è soggetta a continui monitoraggi per tenere sotto controllo la concentrazione anidride carbonica e la presenza di particolati, metalli pesanti o altri inquinanti. Anche il ciclo dell’acqua è assicurato dal riscaldamento solare e la risorsa idrica, considerata indispensabile per la vita sul pianeta, viene costantemente controllata per stabilirne la potabilità per la frazione destinata ad usi domestici e l’idoneità ai fini irrigui o per l’industria. L’Italia è il paese europeo che spreca più acqua per uso domestico (oltre 400 litri pro capite al giorno) e dove la maggiore quota dell’acqua disponibile (circa il 70%) viene utilizzata ai fini irrigui dall’agricoltura.

Eppure, il suolo è fondamentale per la nostra sopravvivenza sulla Terra e, quando non è degradato, interagisce positivamente con la qualità dell’aria e dell’acqua:

  • è in grado di trattenere elevate quantità di anidride carbonica sottraendola all’atmosfera con conseguente mitigazione del riscaldamento globale (nel suolo è normalmente presente più anidride carbonica che nell’atmosfera e la quantità di CO2 equivalente intercettata da un ettaro di terreno può superare i 250.000 kg);
  • entra anche nel ciclo dell’acqua, in quanto è in grado di trattenere fino a 3.750.000 litri per ettaro limitando gli scorrimenti e quindi l’erosione, e costituisce un filtro naturale che purifica l’acqua delle precipitazioni.

Oltre a queste interazioni con aria e acqua e, grazie al suo potere tampone, a contenere, contaminazioni e inquinamento dell’atmosfera e delle falde idriche e a contribuire alla regolazione del clima, mitigandone i cambiamenti, il suolo:

  • fa da habitat per le specie ed è il più importante serbatoio di biodiversità, ospitando più del 50% della biodiversità terrestre;
  • supporta il ciclo della materia, in quanto nel suolo avvengono i processi di decomposizione e mineralizzazione della sostanza organica che assicurano la vita al regno vegetale, dal quale dipendiamo;
  • è strategico per raggiungere la sicurezza alimentare, fornendo il 95% degli alimenti;
  • produce materie prime ed energia rinnovabili.

Il suolo inoltre costituisce la componente basilare degli spazi “all’aperto” dove vengono svolte molte attività ricreative, sportive, sociali e culturali e costituisce la componente basilare del patrimonio naturalistico che, come paesaggio, è il panorama di ogni località, sia rurale che montana, anche marittima e urbana, in particolare turistica.

Nonostante la sua importanza per la vita dell’uomo, il suolo è stato gradualmente sottoposto ad azioni che ne hanno limitato la funzionalità determinandone un degrado sotto diverse forme:

  • perdita di biodiversità
  • riduzione della sostanza organica
  • alterazione dei cicli dell’acqua
  • compattamento
  • erosione
  • frane e smottamenti
  • contaminazione e inquinamento
  • salinizzazione

I fattori che maggiormente predispongono al degrado del suolo sono:

– un uso improprio delle risorse idriche, che può generare

  • deficit idrico con conseguente abbassamento delle falde
  • colata in profondità di acque superficiali inquinate
  • salinizzazione delle falde per il richiamo delle acque marine

– la deforestazione, che diminuisce la capacità di ritenzione delle acque provenienti dalle precipitazioni aumentando i rischi di erosione del suolo

– gli incendi, che compromettono la struttura del terreno e ne riducono il contenuto di sostanze organiche

– l’agricoltura e la zootecnia intensive, che provocano il compattamento del suolo, riduzione della dotazione di sostanza organica e degrado della vegetazione

urbanizzazione e cementificazione, non proporzionate alla crescita demografica e non commisurate allo sviluppo economico

Il suolo inquinato e devastato può essere risanato, ma il ritorno alle condizioni iniziali è molto difficoltoso e richiede tempi molto lunghi, mentre la perdita delle funzionalità vitali nei terreni può protrarsi per decine d’anni, addirittura secoli, e se non si interviene in tempo persino definitiva e irreversibile. Tali conseguenze provocano il consumo del suolo (detto anche erosione / soil erosion), un fenomeno ambientale che Wikipedia definisce il “processo antropogenico che prevede la progressiva trasformazione di superfici naturali o agricole mediante la realizzazione di costruzioni ed infrastrutture, e dove si presuppone che il ripristino dello stato ambientale preesistente sia molto difficile, se non impossibile, a causa della natura del stravolgimento della matrice terra”.

IL SUOLO, UN PATRIMONIO DA TUTELARE

Dei 149.600.000 kmq di terre emerse solo il 13,31% sono arabili e solo il 4,71% possono venire utilizzate per le colture permanenti.

Come ci fidiamo della scienza quando ci tranquillizza sulla longevità del nostro sistema planetario, assicurandoci che il sole brillerà per ancora 4 e più miliardi di anni… dobbiamo crederle anche quando ci mostra dati allarmanti sulla pericolosità del nostro stile di vita e sistema economico insostenibili perché provocano l’esaurimento delle risorse non rinnovabili e lo spreco di quelle scarsamente rinnovabili. Tra tra le risorse naturali illimitate che stiamo sciupando a nostro danno e privando alle prossime generazioni, il suolo è una di cui invece c’è tanta necessità. A fronte dell’aumento della popolazione mondiale, ogni anno ne “perdiamo” una quota invece indispensabile per la produzione del cibo necessario adesso, e in futuro. Bisogna cambiare prospettiva e mentalità… non considerare più il suolo una risorsa da sfruttare senza limitazioni, e agire, intervenendo ciascuno nelle proprie sfere domestica e professionale e nel proprio ambito territoriale.

Dopo che la rivoluzione industriale nel XVIII secolo ha imposto un modello di una società dinamica, orientata al cambiamento e all’espansione, che ha provocato l’inquinamento, così il surriscaldamento climatico e il degrado ambientale, e oltre all’esaurimento delle riserve petrolifere anche lo sfruttamento senza limiti del suolo. Da qualche decennio si è destata attenzione per la salvaguardia ambientale e il paesaggio è considerato anche un elemento di identità culturale da tutelare.

Sollecitando il Consiglio, Parlamento, il Comitato Economico e Sociale e il Comitato delle Regioni a mettere in atto strategie di protezione ambientale, la commissione europea ha iniziato a occuparsi concretamente dei problema del suolo dal 2002.

In quest’anno infatti si era preso atto che circa 52 milioni di ettari di terreno (più del 16% della superficie totale) dei paesi compresi nell’UE erano colpiti da degrado e desertificazione. Negli anni della ricostruzione dopo le guerre mondiali e poi del boom economico in Europa l’estensione di terreno “consumato” era aumentata dal 3 al 6%, ma la necessità della tutela del suolo non veniva ritenuta una priorità della politica e dell’economia, il dibattito sulle questioni ambientali focalizzava l’attenzione sulla salvaguardia della fauna e della flora selvatiche, sull’inquinamento idrico e atmosferico e sulla perdita di terreno nelle campagne. Mentre città e impianti industriali si ingigantivano, alcuni intellettuali, artisti e letterati cominciarono a intervenire contro la cementificazione…

 

 … anche in Italia, dove

  • nel 1958, lo scrittore Italo Calvino pubblicava La speculazione edilizia, ritratto di un mondo che stava cambiando, preda di costruttori e affaristi;
  • nel 1966, Adriano Celentano cantava Il ragazzo della via Gluck;
  • nel 1971, Franco Battiato componeva Paranoia, nel cui ritornello ripete “romperemo l’asfalto con dei giardini colorati”;
  • nel 1989, Alexander Langer scriveva il saggio Perdersi per trovarsi: la terra in prestito dai nostri figli;
  • dal 1999 l’artista Blu ha dipinto muri e palazzi di tutto il mondo con murales le cui immagini surreali mostrano i paradossi della realtà nelle città oppresse da inquinamento e cementificazione.

Nonostante si dichiarino malcontenti a vederlo deturpato, gli italiani continuano a devastare il Belpaese, come dimostrano i dati raccolti dall’ISPRA – Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale sulla percentuale di suolo consumato nelle macro-aree nazionali:

Le rilevazioni del 2019 mostrano che nella classifica regionale del consumo di suolo ai vertici ci sono Lombardia (12,1%), Veneto (11,9%) e Campania (10,3%) e all’estremo c’è la Valle d’Aosta (meno del 3%). In tutta Italia sono compromessi circa 23.000 kmq di terreno, il 7,6% della superficie nazionale, un’area estesa quanto l’intera Lombardia, oppure la Campania e il Molise insieme, e durante il 2019 sono stati erosi 57,5 kmq di suolo, 16 ettari al giorno, ovvero 2 mq al secondo. Tali dimensioni non sono correlate alla spinta demografica, poiché a fronte della nascita di 420.000 bimbi è come se a ognuno fossero stati “donati” 135 mq di cemento. Nell’ultimo triennio la rinaturalizzazione e il ripristino ad uso agricolo dei terreni non ha superato i 1,53 ettari al giorno, quindi nonostante questo impegno si consumano 52 kmq di suolo all’anno, ovvero 1,7 mq al secondo, il doppio rispetto alla media europea. Inoltre, nel 2019 sono passati dallo stato di consumo reversibile a quello irreversibile 8,6 kmq di terreno, non solo nelle aree urbane o industriali:i territori rurali hanno perso  2.700 ettari, quasi il doppio delle zone metropolitane, la fascia costiera di rispetto (300 metri dal mare) 79 ettari le fasce fluviali e lacustri 58 ettari. Inoltre, preoccupa che ciò avvenga nelle aree a rischio idrogeologico, il 10% di quelle classificate a pericolosità a media e il 7% di quelle a pericolosità elevata.

In occasione della GIORNATA MONDIALE DEL SUOLO 2020, alla sede dell’ISPRA di Varese è stato inaugurato l’OSSERVATORIO EUROPEO DEL SUOLO, che aggrega molti scienziati e ricercatori impegnati nella raccolta e nell’analisi di dati informativi e conoscenze che, con la condivisione e l’elaborazione, potranno venire utilmente impiegate da governanti, amministratori locali e cittadini di tutta l’Unione. Inoltre, per iniziativa dell’Università di Bologna, del Politecnico di Torino, di Coldiretti e di Novamont, nel febbraio scorso è stata costituita la Fondazione RE-SOIL che, all’insegna del motto È sotto i nostri piedi ma non pensiamo mai al suo valore. Lo calpestiamo, lo maltrattiamo ma un suolo sano e fertile è vita. È ora di prendercene cura e ognuno di noi può e deve fare la differenza, promuove attività di ricerca scientifica, trasferimento tecnologico e  formazione e iniziative per la divulgazione delle conoscenze e per la diffusione di consapevolezza sull’importanza della salute del suolo.

Il suolo può essere salvaguardato con interventi di risanamento, come

  • la cura del verde urbano nelle città,
  • la riforestazione di zone rurali e silvestri,
  • l’estensivizzazione di agricoltura e allevamento.

e di prevenzione, con cui evitarne il consumo e la devastazione, provocata dal degrado ambientale, che riguardano:

  • il ciclo del carbonio – Come confermato da un recente rapporto FAO il suolo è il più importante serbatoio di carbonio della terra, in quanto riesce a contenere tre volte più carbonio dell’atmosfera; la sua distruzione genera la reimmissione di milioni di tonnellate equivalenti di CO2 nell’atmosfera con conseguente aumento delle temperature. E la correlazione tra consumo di suolo e riscaldamento globale è risultata evidente In Brasile e in Cina nelle aree interessate a un piano di deforestazione, ma soprattutto intorno alle città dove in conseguenza della cementificazione, ma anche per effetto degli scarichi delle automobili e degli impianti di riscaldamento, si forma un’isola di calore con gradienti termici superiori fino a 6 °C rispetto alle aree rurali; effetto che solo in parte viene mitigato da una politica di piantumazione con creazione di polmoni verdi
  • il ciclo dell’acqua – Il consumo di suolo comporta un aumento dei rischi non solo di erosione, ma anche di alluvioni, esondazioni e colate fangose: l’acqua non riesce ad infiltrarsi nel terreno e pertanto causa danni dove prima non era mai arrivata
  • la produzione di cibo – La perdita della propria autonomia nella produzione di cibo ha ripercussioni difficili da stimare; inoltre la perdita di terreno agricolo determina la necessità di sfruttare in modo più intensivo i terreni a disposizione, accelerandone i processi di degrado e desertificazione
  • la qualità del paesaggio – Il consumo di suolo ha effetti negativi anche sul paesaggio, il bene più prezioso che abbiamo, scrigno della nostra storia, delle nostre radici e della nostra stessa identità

SALVAGUARDARE IL SUOLO È “CONVENIENTE”

Il danno economico derivante dal consumo di suolo in Italia supera i 3 miliardi di euro all’anno

Tra le cause che provocano il consumo di suolo la più evidente è costituita dagli edifici fatiscenti che deturpano i paesaggi urbani e rurali come ferite aperte che solo interventi di rigenerazione territoriale possono rimarginare.

Mentre la maggior parte delle forme di danneggiamento e perdita delle risorse naturali sono effetti conseguenti allo stile di vita consumistico e alle attività economiche e produttive, invece la devastazione del suolo è provocata, oltre che dalle emissioni inquinanti o dallo spargimento di sostanze tossiche letali per i numerosi esseri e organismi viventi che popolano ogni zolla di terra, soprattutto da decisioni “a monte” sulla destinazione d’uso dei terreni, cioè dalla scelta di trasformare delle aree forestali o agricole in zone residenziali o industriali, e così su cui costruire strade asfaltate, edificare fabbricati, palazzi, capannoni, parcheggi, eccetera… o installare pannelli fotovoltaici a terra e altri impianti che comportano la pavimentazione con cementificazione.

Il cambio di destinazione d’uso dei terreni ha un effetto temporaneo se prevede concessioni a termine e alla cui cessazione chi ha usufruito del terreno ha l’obbligo di ripristinarne le condizioni di partenza con interventi di “recupero a verde”, come nel caso delle discariche, delle aree soggette a escavazione o degli impianti fotovoltaici a terra. Invece permanente nei casi in cui sia a tempo indeterminato oppure non condizionato al ripristino, inoltre quando la bonifica richiede costi talmente ingenti che poi, di fatto, anche se prevista non sia praticabile e non venga concretamente realizzata.

In genere il consumo di suolo diventa permanente con la costruzione di fondazioni, con la cementificazione o con interventi di impermeabilizzazione, come per l’edificazione di fabbricati per uso residenziale o produttivo, di piazzali, parcheggi, strade e autostrade con la posa di asfalto, che rendono il degrado del terreno irreversibile, così detto per distinguerlo da quello invece non così devastante che consegue all’impiego dei terreni per costruirvi invece strade in terra battuta, piazzali e parcheggi inghiaiati, cave in falda, aree estrattive non ancora naturalizzate e campi fotovoltaici le cui superfici continuano a garantire la permeabilità dell’acqua.

Oltre alle ripercussioni sull’ambiente, il consumo di suolo provoca un ingente danno economico per la collettività. Lo sfruttamento dei terreni senza attenzioni all’impatto ambientale nell’immediato avvantaggia i proprietari e gli imprenditori coinvolti nelle speculazioni edilizie, ma a lungo termine e a livello macroeconomico determina una perdita ingente per tutte le collettività, gli abitanti nei territori devastati dal degrado e l’intera umanità. Eppure, a differenza di quanto avviene per l’aria e in parte anche per l’acqua, il suolo è considerato un bene economico molto importante e a cui viene attribuito un valore finanziario in base alle leggi del mercato. Il costo dei terreni infatti varia a seconda della destinazione d’uso: quello di un terreno agricolo normalmente aumenta se, con delibere delle amministrazioni locali, viene impiegato per finalità residenziali o produttive, mentre caratteristiche ambientali e paesaggistiche dei territori vengono “valorizzate” per aumentare il prezzo di aree ed immobili e per incentivare il commercio delle produzioni tipiche locali e il turismo.

Il suolo quindi è una risorsa naturale la cui gestione è affidata principalmente ai privati, ad esclusione delle aree poste sotto tutela degli enti di salvaguardia oppure di proprietà pubblica, che in Italia sono amministrate dal Demanio e dalle istituzioni locali. Perciò è di importanza fondamentale che la pianificazione edilizia sia programmata con criteri lungimiranti, in base alle reali esigenze delle comunità locali e con indirizzo mirato al coinvolgimento degli abitanti nella protezione e cura del patrimonio ambientale.

La partecipazione attiva dei cittadini nella cura del suolo nel proprio territorio è basilare, il presupposto fondamentale per il risanamento del degrado e per garantire la prosperità con l’implementazione del modello dello sviluppo sostenibile adattandone l’applicazione alle singole realtà locali. I più esperti possono contribuire moltissimo, poiché le loro competenze sono strumenti indispensabili per capire e affrontare le problematiche, che sono molto complesse come, ad esempio, la desertificazione, che minaccia molte aree del pianeta, anche quelle temperate e intorno ai tropici, non solo all’equatore. La conoscenze del suolo in ogni parte del mondo è l’eredità che i contadini più anziani possono consegnare alle nuove generazioni, che avvalendosi dei loro consigli possono elaborare progetti la cui realizzazione moltiplica l’effetto dell’impegno dei singoli, come il progetto Casale città futura che il gruppo Verde Quadro ha presentato in questi giorni a Casale Monferrato, dove a ottobre 2021 si svolgerà la fiera del verde e dell’agricoltura MONFERRATO GREEN FARM e il cui Comune nel 2019, proprio il 5 dicembre – Giornata Mondiale del Suolo, ha deliberato il progetto Regala un albero alla tua città.

Ma in Italia manca una normativa per l’azzeramento del consumo di suolo che, recependo gli obiettivi delineati dalle istituzioni dell’Unione Europea, ne indichi le linee guida alle regioni, così alle province e ai comuni, che intanto proprio in questo campo deliberano incessantemente.

In Piemonte, dove è stato consumato il 6,7% del suolo, la legge 56 del 1977, casualmente in vigore proprio dal 5 dicembre di quell’anno (dal 2014, Giornata Mondiale del Suolo), su pianificazione, programmazione, tutela, conservazione e trasformazione dei terreni pone limitazioni al loro sfruttamento per scopi insediativi e commerciali e mira agli obiettivi di ridurne al massimo il consumo, fino allo zero, e di incentivare:

  • la crescita della sensibilità e della cultura urbanistica delle comunità locali;
  • la conoscenza del territorio in tutti gli aspetti, fisici, storici, sociali ed economici;
  • la salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio naturale in genere e, in particolar modo, dei beni ambientali, paesaggistici e culturali.

In ottemperanza a questa legge, invece che edificare nuove costruzioni le amministrazioni locali avrebbero dovuto incentivare il recupero di quelle già esistenti, ma nella maggior parte dei casi ciò non è avvenuto, anzi con i piani regolatori comunali o intercomunali sono stati deliberati interventi che, sulla base di previsioni di sviluppo demografico e produttivo che poi invece non hanno avuto riscontro con la realtà, hanno incentivato la cementificazione di città, quartieri e aree rurali, a vantaggio degli speculatori, i cui profitti hanno ulteriormente alimentato il consumo del suolo.

Recentemente in Italia e nelle sue regioni sono state approvate molte leggi mirate a promuovere la rigenerazione urbana con il riuso a riqualificazione dell’edificato. In molti bandi, a livello sia nazionale che locale, è posta prioritaria la rilevanza strategica dei progetti che prevedono un “bilancio zero” del consumo di suolo e il recupero di strutture dismesse nelle aree urbane e metropolitane, con particolare riferimento alle loro periferie, nelle zone industriali e, recentemente, anche nei territori rurali e montani. Già in sperimentazione prima della crisi economica nel 2020 aggravata in concomitanza con la pandemia, adesso gli interventi di tutela del suolo sono di estrema attualità, perché proprio l’emergenza sanitaria ha cambiato i nostri stili di vita e di lavoro e dimostrato i paradossi di sistema economico e stile di vita consumistici e delle attuali architetture urbane, rendendo sempre più urgente la riqualificazione delle nostre città.

Uno strumento normativo coerente con l’azzeramento del consumo di suolo che sarà probabilmente determinante per il rilancio del settore immobiliare nelle prospettiva dello sviluppo sostenibile è il decreto ministeriale 34 del maggio 2020, convertito nella legge 77 dal giugno 2020, detto Ecobonus perché prevede agevolazioni fiscali e finanziamenti per gli interventi che aumentano l’efficienza energetica delle abitazioni e costruzioni esistenti, così impegnando ingenti risorse pubbliche per il rilancio del settore edilizio a condizione che i suoi operatori anziché nelle speculazioni investano nel miglioramento dell’ambiente e, con le erogazioni a vantaggio dei singoli, coinvolgendo la cittadinanza ad agire responsabilmente per la tutela del suolo. Con questi incentivi si diffonde la mentalità su cui si fondano i principi dello sviluppo sostenibile e su cui si basa il piano economico con cui l’Unione Europea affronta la crisi del 2020 e che, emblematicamente, è stato denominato Next Generation. L’idea che ne è il presupposto infatti è che prima di progettare e costruire a nuovi edifici sia necessario riqualificare il patrimonio edilizio esistente e, soprattutto, fermare il consumo di suolo e il degrado ambientale. Una scelta fondamentale perché decisa pensando alle future generazioni, con premure per il loro bene e considerando prioritario il loro diritto a disporre e fruire delle risorse della Terra, a cominciare dalla terra.

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