Tre giovani contadini sloveni, i fratelli Janša, erano anche appassionati di pittura e nel fienile della propria fattoria avevano allestito un atelier

… la notizia si diffuse per tutto l’impero (austro-ungarico) e arrivò alla capitale, così i tre agricoltori-pittori vennero invitati all’Accademia di Belle Arti di Vienna, che frequentarono, imparando così a leggere e scrivere, e uno di loro, Lovro, ne diventò un docente.

Invece Anton Janša, che era nato il 20 MAGGIO 1734 e più che dipingere preferiva studiare le api, nel 1769 tornò a casa, a Breznica na Gorenjskem, dove c’erano 100 arnie e, sostenendo le proprie tesi di fronte a una commissione di botanici e scienziati appositamente convocata allo scopo, nel 1770 venne insignito titolare della cattedra di apicoltura – la prima nella storia, nella scuola di apicoltura, la prima al mondo, appena fondata dall’imperatrice Maria Teresa – e gli venne affidata la cura delle api “reali”, cioè degli sciami residenti nel giardino del palazzo imperiale di Augarten.

Autore del Trattato sulla sciamatura delle api pubblicato nel 1771 e del Manuale completo di apicoltura, stampato postumo nel 1775, Anton Janša dimostrò che nel bottinare sul grano saraceno le api contribuivano ad aumentare l’abbondanza del raccolto e, sfatando la convinzione che fossero operaie addette a rifornire l’alveare di acqua, che i fuchi hanno il compito di fecondare l’ape regina.

Le api sono un tipo di mosche, create da Dio perché con la loro diligenza e il loro instancabile lavoro provvedono alle esigenze dell’uomo di prodotti insostituibili come il miele e la cera. Tra tutte le creature del Signore, non ce n’è altra che sia allo stesso tempo utile, docile, e poco esigente, com’è l’ape.

L’eredità del primo esperto e “maestro” di apicoltura è anche correlata alla celebrità di una peculiare tradizione artistica distintiva della civiltà rurale e cultura slovena: le arnie dipinte (panjske končnice – Museo Etnografico Sloveno) come le sue, che sono un patrimonio conservato a Breznica, dove si può tuttora ammirare l’originale apiario di Anton Janša, e nelle sale del Museo dell’apicoltura di Radovljica.

La presenza di Anton Janša ha lasciato tracce indelebili anche a Vienna: la capitale austriaca infatti è costruita a misura d’ape, con tanto verde e molte dimore per gli sciami, dove Karl von Frisch studiò e capì la funzione della danza delle api – La città delle api / In volo su Vienna.

Inoltre, Anton Janša fu un fervido divulgatore delle scoperte di altri naturalisti della propria epoca, in particolare due italiani, entrambi trentini:

  • Udalrico Fantelli (1706-1784), autore di un testo sulle api e l’apicoltura che, a causa della sua morte avvenuta durante un’epidemia di peste, è rimasto inedito per 240 anni… – Il padre nobile mancato dell’apicoltura italiana, Paolo Fontana / Atti della Accademia Roveretana degli Agiati, a. 270, 2020, ser. X, vol. II, B
  • Giovanni Antonio Scopoli (1723-1788), nel 1769 professore di chimica, mineralogia e metallurgia all’Accademia Mineraria di Schemnitz e dal 1777 al 1788 direttore dell’Orto botanico dell’Università di Pavia, un botanico a cui sono denominati il “genere” scopolia e una specie, la Scopolia carniolica, della numerosa famiglia delle solacenee.

 

 

 

 

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