Durante il periodo culminante della stagione estiva, in Monferrato nei prati della campagna e al ciglio delle strade si possono scorgere i boccioli di un fiore selvatico e in paludi, stagni e bacini idrici con acque ferme e fondali fangosi le corolle di un’erba rara e singolare. Le due piante hanno in comune lo stesso denominatore – il nome di FERDINANDO PIO ROSELLINI, con il suo cognome o con la “firma” botanica, Rosell – che le contrassegna nel catalogo dell’IPNI – International Plant Names Index, a cui i naturalisti fanno riferimento per identificare gli esemplari di ogni varietà con la taxa anagrafica distintiva registrata nel catalogo “universale” di specie, generi e famiglie della popolazione vegetale.

 

Nella collezione Sordelli conservata all’Herbarium Universitatis Mediolanensis è contenuto l’exsiccata con foglie di un esemplare di Hieracium creae Rosell. La nota accompagnatoria al reperto appuntata sulla tavola, un messaggio del 6 GIUGNO 1898 di “C.” (forse Vincenzo Cesati) al “carissimo Sordelli”, cioè a Ferdinando Sordelli (1937-1916, ricercatore e conservatore del Museo Civico di Milano), specifica che il ramoscello consegnato da Francesco Negri – “avvocato di Casale, anche un buon botanico” proviene dal Santuario di Crea “nel cuore del Monferrato”. L’etichetta autografa di Francesco Negri apposta al foglio specifica che l’exsiccata da lui stesso consegnato il 5 GIUGNO era di un esemplare reperito in loco – precisandone l’altezza, 462 metri sul livello del mare – da Diego Sant’Ambrogio. Il nome comune di questa pianta selvatica e officinale – sparviere pelosetto pilosella (nei vari dialetti pilusela / pelozela / pelosella / pilusedda, oppure orecchie di topo – urec d’soregh / legna d’rat / recie de sghir, anche erba molinara, erba setolina, erba da tai, stagnasangue o margarida zalda) – è composto da due parole derivanti da due differenti lingue “classiche” – hierax / hierakion dal greco, in cui significa “sparviere” (falco), e pilosus dal latino, l’aggettivo che significa “peloso” – e la sua definizione botanica è attestata per la prima volta nel catalogo pubblicato nel 1754, Der Königliche Akademie der Wissenschaften in Paris / Anatomische, Chymische und Botanische Abhandlungen compilato dal botanico francese Sébastien Vaillant (1669-1722).

Le sue proprietà terapeutiche come antiemorragico, astringente e vulnerario, note dalla più remota antichità, nel XII sono state descritte da Hildegarda von Bingen (1098-1179) in un testo-base della farmacopea erboristica, Physica (Storia naturale o Libro delle medicine semplici – una cui trascrizione del 1323 è conservata a Firenze, nel Fondo Ashburnham custodito alla Biblioteca Medicea Laurenziana), che ne suggeriva l’impiego per curare le ferite e, osservando che lo sparviere se ne nutriva, per migliorare la vista.

Ogni varietà di Hieracium appartiene alla famiglia delle Asteraceae (la più numerosa della popolazione vegetale mondiale – circa 23 MILA specie e oltre 1500 generi) e quelle europee sono molto diffuse nelle zone alpine, inoltre in prati, brughiere e ambienti ruderali, nelle zone in vicinanza di corsi d’acqua e affioramenti rocciosi e in pinete e gineprai di tutta Italia.

In Italia settentrionale sono diffuse alcune varietà di erba-vescica, soprattutto di Utricularia bremii – così denominata in memoria dell’entomologo, naturalista e intagliatore svizzero Jakob Bremi (1791-1857) – e una singolare, la Utricularia dubia nell’IPNI catalogata con riferimento a Rosellini per la sua citazione a cura del botanico lombardo Vincenzo Cesati nel Compendio della Flora Italiana, compilato tra il 1868 e il 1886 insieme a Giuseppe de Passerini e Giovanni Gibelli. Gli autori avevano concepito la redazione del primo repertorio illustrato della flora nazionale nel 1864, durante gli incontri avvenuti al convegno di Biella a cui “naturalisti di tutte le parti d’Italia festosamente accorrevano per scambiarsi cordiali strette di mano e liberi pensieri, la prima volta dopo l’animoso Congresso di Venezia del 1847″. Nel periodo intercorso infatti gli stati della penisola avevano combattuto le prime tre guerre d’indipendenza (1848-49, 1859-60 e 1866 – la quarta fu la prima guerra mondiale, 1914-20) e gli scienziati che – come Ferdinando Pio Rosellini – avevano partecipato ai moti risorgimentali pacificamente, con il proprio impegno politico e, preconizzando il futuro, elaborando studi e ricerche proiettati nella prospettiva dell’unificazione politica, economica e sociale dei regni e territori italiani, dal 1866 cominciarono a pubblicare rassegne enciclopediche dei patrimoni culturali e ambientali nazionali.

Questa particolare erba selvatica, in Monferrato ormai molto rara, ha fiori ermafroditi, simili e paragonati – oppure confusi – a quelli delle orchidee e delle bocche di leone, molto ricercati dalle api, che con la bottinatura del polline fanno generare nuovi germogli, ed è una singolare pianta perenne commestibile e carnivora, che si nutre di girini e di piccoli insetti, come le zanzare, e delle loro uova galleggianti sull’acqua stagnante. 

Le peculiarità delle Utricularia – molte in tutto il mondo – avevano incuriosito tanto l’esploratore pioniere delle ricerche scientifiche sull’evoluzione degli esseri viventi, Charles Darwin, che ne descrisse la morfologia in un rivoluzionario studio sulle piante insettivore pubblicato nel 1875 ed esattamente 40 anni fa riesaminato e rivalutato da Dewey G. Meyers (“Darwin’s Investigations of Carnivorous Aquatic Plants of the Genus Utricularia: Misconception, Contribution, and Controversy – Proceedings of the Academy of Natural Sciences of Philadelphia, vol. 134, 1982, pp. 1–11).

 

Altre piante a cui in occasione del 150° anniversario commemorativo di FERDINANDO PIO ROSELLINI  si è rivolta l’attenzione sono alcune varietà di veccia, ovvero di VICIA – un genere della famiglia, comprendente 200 specie, delle cosiddette leguminose, ossia Fabacee perché dello stesso “tipo” della fava, in latino faba – i cui esemplari contenuti nell’erbario composto a Casale Monferrato dal 1858 al 1905 sono exsiccata forniti da celebri botanici dell’epoca: il milanese Vincenzo Cesati, il veronese Agostino Goiran, il palermitano Agostino Todaro della Galia e il francese Jean-Louis Kralik. Inoltre, alcuni esemplari di piante che Ferdinando Rosellini aveva raccolto quando viveva a Genova e nella città custoditi al Museo Civico “G. Doria”: una codolina, o fleo – Phleum hirsutum Honk.  (Phleum michelii) – raccolta nei monti intorno a Sestri Ponente e una sorghetta, o sorgo selvatico / SORGHUM HALEPENSE (L.) PERS., e una antemisia, o margherita dei tabaccai e camomilla dei tintoriANTHEMIS TINCTORIA L. provenienti dai dintorni del borgo monferrino Montaldeo.

 

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